
I Galli Boi
La produzione di vino nelle colline bolognesi ha origini molto antiche: quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle irrequiete tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone. I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo! Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata!

I Romani
Plinio il Vecchio - I° sec. d.C. - nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto “maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà. Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.

Nel Medioevo
Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale “Ruralium commodorum Libri XII” da lui scritto nel 1304, descriveva le caratteristiche organolettiche del “Pignoletto” che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma. Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567 sollecitava di piantare le ‘uve pignole’ in quanto per la notevole produzione permetteva un florido commercio perché sempre ricercate. Medico e botanico di Papa Sisto V°, Andrea Bacci, nel personale trattato del 1596 “De naturali vinorum historia”, dedicava un intero capitolo ‘Bononiae vina’ per l’appunto ai vini bolognesi, coltivati sui colli soleggiati alle pendici dell’Appennino, esaltando le eccellenti qualità intrinseche dell’uva pignola.

I Colli Bolognesi
La zona di produzione dei Colli Bolognesi copre oggi un vasto ed eterogeneo territorio, costituito soprattutto da terreni collinari di origine pliocenica per lo più di formazione arenaceo-argillosa, con basse rese per ettaro. Tale diversità pedoclimatica consente con successo la coltivazione di molteplici varietà di uve (nella bacca bianca si va dall’autoctono Pignoletto ai vitigni di origine più internazionale quali il Pinot, il Sauvignon Blanc, lo Chardonnay; mentre nella bacca rossa c’è il Merlot, il Cabernet Sauvignon e la Barbera dei Colli Bolognesi).

Il Pignoletto
Il Pignoletto è di fatto considerato il “Re dei Colli Bolognesi”: un vino unico e ricco di peculiarità le cui origini sembra risalgano alla varietà del ceppo originale del Greco. Dal colore bianco paglierino con lievi riflessi verdognoli, profumo piuttosto ampio fresco e fruttato con sentori di mela golden, melograno, nocciola e mandorla, ha sapore secco e suadente.